mercoledì 19 dicembre 2012

All'istituto industriale.


Fonte google immagini.
Fare l'istituto tecnico industriale in Sicilia, dove per industria si intende la fabbrica di torroncini, è come fare un corso di istruttore di sci in Tunisia, sai che se vuoi lavorare devi emigrare. A quattordici anni naturalmente lo fai perché sei obbligato, i miei genitori non si erano informati, evidentemente vedevano il mio futuro nel corpo dei carabinieri.  Scelsi l'istituto tecnico industriale per la possibilità di specializzarmi in informatica, ma mi ritrovai a fare elettrotecnica, il perché me lo chiedo tutt'oggi.
In solo sei anni mi diplomai, firmando un documento dove giuravo solennemente di non esercitare nessuna professione inerente col mio diploma, quando devo cambiare una lampadina lo faccio di nascosto. Di questi sei anni ho rimosso quasi tutto, dico quasi perché ad oggi, l'unico ricordo che mi perseguita anche nei sogni è quello del mio professore di elettrotecnica, che chiamerò Kirchhoff per non svelare la sua vera identità.
L'ingegner Kirchhoff, alto un metro e novanta, snello ma non magro, fumava un pacchetto di sigarette a lezione, ancora non era vietato per legge, e se a qualcuno dava fastidio, veniva intimato a sedersi in fondo all'aula vicino alla finestra, fumava la sigaretta mettendo tutto il filtro in bocca in modo che il fumo aspirato andasse direttamente in gola, evitando così che i denti gialli diventassero marroni.
Con già 35 anni di carriera alle spalle l'ingegner Kirchhoff era un mostro sacro di sapere elettrotecnico, ma il suo grande talento era quello di farsi rispettare da tutti i suoi alunni. Ora immaginate  un istituto composto da soli maschi, con il pensiero fisso alla fine delle lezioni, per fiondarsi ai cancelli del liceo scientifico, con gli ormoni di una truppa di soldati al fronte, che hanno finito le scorte di bromuro di metile. Fatto?
L'ingegner Kirchhoff era temuto e rispettato, era capace di annichilirti in solo mezz'ora di interrogazione. Il suo era un vero e proprio attacco alle tue capacità cognitive, riusciva ad annientare il tuo io fino a non farti ricordare neanche il proprio nome. Interrogava in ordine alfabetico, sapevi bene quando toccava a te, e se per puro caso il giorno che ti toccava volevi fare il furbo, facendo sega a scuola, beh... nessuno ha mai osato tanto. Solo la tua morte poteva reggere come scusa, la tua morte termodinamica per inciso.
Fonte Flickr
Sta di fatto che assistere all'interrogazione del povero malcapitato di turno, era un evento che non mi sarei mai perso, perché l'ingegner Kirchhoff, desiderava dai suoi alunni soltanto che fossero in grado di ragionare, sapeva perfettamente che nessuno studiava l'elettrotecnica,  ma quando qualcuno si rifiutava di usare la testa, in quel caso, usciva la bestia immonda che viveva in lui, si trasformava nel boia della tua dignità, ti dava una lezione d'avanti a tutti i tuoi compagni di classe, un momento tremendo. Ricordo che all'incontro genitori insegnanti, facevo in modo che il primo da visitare fosse l'ingegner Kirchhoff, dopo il suo giudizio quello degli altri professori erano complimenti, frasi del tipo: «Signora suo figlio non ha bisogno di andare a scuola, va già bene così per l'agricoltura» oppure «Signora suo figlio si applica, ma è inutile».
L'unica lezione che riuscì a capire fu quando spiegò le quattro equazioni di Maxwell, entrò in classe senza salutare e incominciò a scrivere le quattro equazioni alla lavagna che vi copio e incollo:
dopodiché chiamò uno a caso alla lavagna e disse: «Queste sono le quattro equazioni di Maxwell, applicale!» quindi si sedette, aprì il giornale e aspettò una risposta.  Il disgraziato alla lavagna ci guardò con lo sguardo che doveva avere il Cristo in croce mentre gli squarciavano il costato con la lancia, nessuno sapeva come aiutarlo, neanche il libro dava una spiegazione di come interpretare quei geroglifici, passarono così 30 minuti buoni. Infine l'ingegner Kirchhoff si alzò si avvicinò all'interruttore della luce della lavagna, e in silenzio, fissandoci ad uno ad uno per assicurarsi che lo stavamo seguendo, accese la luce. 
Ci fu chi abbozzò un applauso, chi con la bocca aperta, altri con le lacrime agli occhi, finalmente avevamo capito qualcosa, anche se quei simboli sarebbero rimasti insignificanti, sapevamo a cosa servivano.

«Lascia perdere l'elettrotecnica, lascia perdere la matematica, lascia perdere l'italiano, studia solo la religione perché solo un miracolo ti può salvare». 
 Ing. Kirchhoff.

Oggi l'ingegner Kirchhoff è in pensione, non fuma più, e sta lottando contro un cancro ai polmoni.

14 commenti:

  1. io un po' lo sto già odiando! :D

    (con affetto, da perito elettronico)

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    1. Si faceva odiare è ovvio, ma oggi lo ricordo con nostalgia.

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  2. i ricordi abitano sempre nella gesta di qualcuno. Lo sguardo, la parola proferita, il gesto esplicativo e testimone, la trasgressione di un'azione, la solidità della coerenza. Grazie per questo ricordo, che nella sua particolarità può certamente essere significante per tutti della propria specifica esperienza di relazione con coloro che abbiamo scelto (ripeto, scelto) come maestri.

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  3. Al confronto, la mia professoressa di Latino e Greco (così rigida che quando entrava calava un silenzio al cui confronto un cimitero è un concerto rock) era un agnellino! O_o

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    1. Credo che tutti abbiamo avuto un professore da incubo.

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    2. Tutti lo abbiamo avuto, ma non tutti lo abbiamo perdonato.

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    3. In fondo nessuno ha mai odiato l'ingegner Kirchhoff, c'era anche una certa stima nei suoi confronti, e poi fino a quando non toccava a te le sue interrogazioni erano fantastiche.

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  4. Confermo tutto ed aggiungo, mangia funghi sempre volentieri e non ha perso il suo profondo rispetto per la vita. Lotterà fino alla fine, come ha sempre fatto.

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    1. Mi dicono che migliora la sua salute, in effetti è duro come la roccia.

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  5. solo a leggere la parole "equazioni" mi sento male.

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  6. E io che mi lamento del liceo classico e della versione di greco alla maturità!

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    1. Ai tempi l'istituto industriale era una specie di caserma.

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