giovedì 31 gennaio 2013

A Perfect Background

Ricordo che quando volevo fotografare un luogo, una piazza, uno squarcio cercavo insistentemente che nell'inquadratura non ci fosse nessuna persona, come se la gente deturpasse il soggetto che mi accingevo a fotografare, sentivo che le persone erano un elemento di disturbo, la foto doveva essere pura, pulita da qualsiasi intromissione umana.
Non sapevo il vero motivo di questa avversione, un mio amico un giorno me lo fece notare, mi disse, ma le persone dove sono? Io li per li risposi che le persone stanno male nelle foto, non sono ordinate, e puzzano.(Va be quest'ultima l'ho messa li a caso, è la linea comica).
Oggi invece credo che un motivo c'era, semplicemente non sopportavo le masse, evitavo i posti affollati, la città mi stressava mentre il vuoto di una spiaggia mi rilassava.
Non è che adesso sono diventato l'opposto, odio lo stesso la gente in massa, è il mio modo di vedere le cose che è cambiata, quando scelgo un soggetto ho bisogno che la presenza umana rompa lo schema della composizione. 
Non ho scoperto niente di nuovo per la fotografia, tutta questa manfrina sentimentale mi serve solo per introdurre una foto che è più di una foto, è una foto fatta di foto, e di persone.




martedì 22 gennaio 2013

lunedì 14 gennaio 2013

Faccio cose, fotografo gente!

Non ho molto da dire, ultimamente sto cercando di allenare i miei occhi, la fotografia in strada può darti delle soddisfazioni o lasciarti frustrato, devi essere pronto, proprio come in strada, ci vuole attenzione, puoi diventare una specie di regista, gli attori in questo caso non recitano, si limitano a vivere le loro vite.





Se volete approfondire vi rimando alla mia pagina su Flickr che ho da poco aggiornato, o se per caso qualcuno di voi usa google+, che ormai è diventato il social network dei fotografi, bene mi trovate là.

sabato 5 gennaio 2013

Posto di blocco.


Foto by Flickr
«Scenda dalla macchina, dobbiamo perquisire il veicolo.»
«Subito agente, faccia con comodo.»

Non è che ci tenessi troppo a far vedere l’interno della mia macchina, non la pulisco da anni, non solo per la polvere, fazzoletti usati, buste di plastica, bottigliette di acqua, giornali ingialliti, cicche di sigarette, peli pubici, insomma è come rovistare nella propria spazzatura, una specie di  intromissione nella propria intimità.

«Apra il portabagagli.»

Ecco, è come se mi avesse detto si tolga le mutande, se l’abitacolo è un immondezzaio  il portabagagli è la discarica di Chiaiano, sia chiaro che sto utilizzando una metafora, io mi lavo spesso. 
Non saprei come descrivere la faccia che fece il carabiniere alla vista dello scatolone che occupava metà del portabagagli, un misto tra soddisfazione per aver trovato qualcosa di compromettente, ed orrore nel dover constatare di persona che si trattava invece di altra spazzatura solida. Dopo aver rovistato con fastidio il suo contenuto, che mi risparmio di elencarvi, chiuse di scatto il portabagagli intimandomi di andarmene.

«Maresciallo è pulito,  per me può andare.»

Si proprio così, disse è pulito, dovetti trattenere una risata, almeno prima di rimettermi in marcia. Il maresciallo mi restituì i documenti, salutai educatamente, con gesti eclatanti indossai la cintura di sicurezza, misi la freccia, e partì.
Liberai una risata fragorosa, già stavo pensando a quando avrei raccontato ai miei amici di quella volta che perquisirono la mia pattumiera, se non fosse tardi andrei a trovare qualcuno di loro, per altro ero già vicino casa, per altro quello d’avanti a me era un altro posto di blocco, stavolta di polizia stradale, stavolta alzarono di nuovo la paletta.

«Buonasera  favorisca patente e libretto.»
«Buonasera agente, ecco non li ho neanche messi al loro posto, mi hanno appena fermato i suoi colleghi, i carabinieri, appena cinque minuti fa.»
«Colleghi? I carabinieri? Non vede che  noi siamo della polizia? Scenda dalla macchina dobbiamo perquisire il veicolo.»

Pazienza e rassegnazione, in fondo il racconto che avrei fatto ai miei amici si stava arricchendo di particolari, incrociai le braccia aspettando che il rito si consumasse in una sorta di deja vù alquanto noioso.

«Apra il portabagagli» 
«E’ già aperto agente, come le dicevo hanno già perquisito anche quello.»

Il maresciallo stava accanto a me mentre il poliziotto apriva il portabagagli, io già immaginavo la sua faccia alla vista dello scatolone, ma fui sorpreso quando visti gli occhi del poliziotto sgranarsi, accompagnato da una smorfia facciale che secondo me era spropositata, esageratamente spropositata.

«Maresciallo  lo arresti immediatamente.»

Il maresciallo gettò i miei documenti a terra, in uno scatto si avventò su di me, mi afferrò il braccio, mi stese sul cofano della mia macchina, e mi ammanettò. Io non avevo idea di cosa stesse succedendo, il mio cervello riuscì solo a formulare un «ma che cazzo», reiterandolo all'infinito, infinito ma breve momento in cui fui arrestato, portato in caserma, e rinchiuso in una cella.
Due ore più tardi il maresciallo che mi aveva arrestato aprì la porta della cella, e molto cordialmente mi invitò ad uscirne.

«Ci scusi davvero, siamo mortificati c’è stato un errore.»
«Un errore? Quale errore? Perché mi avete arrestato?»
«Aveva ragione, l’avevano già fermata dei carabinieri prima di noi.»
«Cosa? Non ci sto capendo una mazza.»
«La mitraglietta che stava nel suo portabagagli, era del carabiniere che l’aveva perquisito prima.»


Liberamente ispirato ad una storia vera.